venerdì 27 novembre 2015

IL FANTASTICO RINASCIMENTO ITALIANO SECONDA PARTE #ELFORNESO

 Forte del proprio prestigio, Leonardo può quindi proporre una soluzione prospettica canonica per l'intero dell'Ultima cena e optare per la sua nuova "prospettiva aerea" per gli esterni, cioè i paesaggi di altri dipinti, là dove con "aereo" si intende "determinato dall'aria". I suoi studi gli hanno infatti dimostrato che l'atmosfera ha una sua consistenza e quindi un suo colore, si infittisce man mano che ci si allontana dal soggetto osservato e quindi ne sfuma le linee e ne fa virare il colore sull'azzurro.
Il fermento che caratterizza la corte di Ludovico il Moro viene però bruscamente interrotto nel 1499, quando il nuovo re di Francia Luigi XII rivendica il ducato conquistato dallo Sforza facendo appello alla propria discendenza dai Visconti attraverso Valentina Visconti: dopo avere sconfitto Ludovico a Novara l'anno successivo, lo deporta in Franci, dove questi morirà. Con la fine della corte di questo illuminato mecenate si chiude anche il periodo milanese di Bramante e Leonardo. Il cinquantacinquenne Bramante si trasferisce a Roma, mentre l'appena più giovane Leonardo va a Venezia che, minacciata dai turchi, richede la sua consulenza militare. Prima però si ferma alla corte mantovana di Francesco Gonzaga e Isabella l'Este, dove dipinge per la colta marchesa una Madonna e un Cristo dodicenne. Dopo Venezia e Parma è la volta di Firenze e Roma, ma Leonardo non si trova a suo agio nell'Urbe, che abbandona per tornare a Mantova. Tra il 1502 e il 1503 pare che faccia l'agente segreto della Repubblica fiorentina, e sicuramente si occupa di ingegneria militare per Cesare Borgia e Iacopo I Appiani a Piombino. Per loro inventa nuovi proiettili e potenzia cannoni e spingarde, ma insieme studia sistemi di difesa passiva come torrioni e fortezze, i cui progetti verranno rispresi da Michelangelo quando dovrà occuparsi della difesa di Firenze nel 1527.
Firenze non è mai stata lontana dal cuore del maestro, che vi ritorna poco dopo il rogo del Savonarola. Adesso la voce del frate tace, ma la sua influenza sul clima culturale e soprattutto spirituale cittaddino è ancora viva. In particolare, si è affermato il genere della pittura devota e persino Botticelli sembra meditare sul falò delle vanità, quand'ecco che un fatto cruciale interviene a smuovere le acque dell'ambiente artistico fiorentino:l'arrivo di Michelangelo, che subito apre il confronto-scontro con Leonardo. Una contrapposizione che si fa aperta nel 1504 in una sorta di duello: la commissione della Signoria per affrescare con un soggetto storico la Sala del Maggior Consiglio a Palazzo                                                     Vecchio.                                                                                                                        
A Leonardo spetta la Battaglia di Cascina, a Michelangelo la Battaglia di Anghiari. Curiosamente a noi non è arrivato nessuno dei due dipinti, perchè quello leonardesco si deteriorerà già durante la lavorazione e quello michelangiolesco rimarrà allo stadio di cartone preparatorio quando l'artista verrà richiamato a Roma. Ne abbiamo comunque varie copie, dalle quali si deduce che l'impostazione vinciana è quella di un ciclone, una lotta vorticosa e furibonda di uomini e animali che rappresenta tutta la violenza bellica, quella "pazzia matta e bestialissima" che l'umanista Leonardo non esita a condannare, nonostante tanta parte della sua vita sia stata dedicata a progettare armi e fortezze. Al contrario, il Buonarroti opta, con una scelta che ha già praticato in passato, per l'imminenza della battaglia anzichè per l'azione nel suo pieno sviluppo. Nonostante queste diversità, nel cartone di Michelangelo troviamo quell'attenzione per il corpo nudo che rieccheggia gli studi anatomici praticati sul campo da Leonardo, dissezionando cadaveri concessigli da vari ospedali. E come Michelangelo trae da Leonardo non l'atteggiamento pratico-scientifico, ma la sensibilità per le espressioni dei volti e una maggior attenzione per il paesaggio nello sfondo, qualcosa di analogo si può dire per il terzo grande protagonista della scena fiorentina, il poco più che ventenne Raffaello Sanzio, proveniente dalla bottega marchigiana del Perugino.
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ESPOSTO ALLA SRAND ART GALLERY DI LONDRA
E POI GALLERIA ACCORSI MILANO
IN OCCASIONE DELL' EXPO
Grazie all'impulso generato da questi tre colossi, Firenze viene considerata il bacino artistico prediletto dei pontefici, che vi attingono a piene mani per i loro fastosi progetti. E' per questo che, tra il 1505 e il 1508, Michelangelo e Raffaello abbandonano la città per Roma. Nel 1508 Leonardo torna invece a Milano, dietro richesta del governatore francese Charles II d'Amboise. In questo soggiorno che va fino al 1513 Leonardo dipinge una Madonna col Bambino per re Luigi XII, fa una seconda versione della Vergine delle rocce e un ammiccante San Giovanni ora conservato al Louvre. Tra il 1513 e il 1516 torna a Roma, chiamato da Giuliano de' Medici, ma di questo periodo ci restano solo i progetti per le Paludi Pontine e il porto di Civitavecchia, nonchè quelli per varie rocche laziali.
Alla morte del duca il sessantaquattrenne Leonardo si trasferisce in Francia, dove viene nominato "primo pittore, ingegnere, architetto del re": è ospitato nel castello di Amboise e gli viene assegnato un generoso appannaggio. Qui l'artista prosegue a ritoccare la Gioconda, la Sant'Anna, la Madonna e il Bambino e il San Giovanni, prosegue gli studi di idraulica e gli allestimenti per le celebrazioni di corte.
Il re è talmente consapevole del suo valore che si intrattiene spesso con il maestro, e una leggenda vuole che sia lui a chinarsi sul letto dee'artista morente per catturarne l'ultimo respiro. E' il 1519, e Leonardo ha sessantasette anni.

                                         L'AMBIENTE MILANESE
Pur non avendo una bottega vera e propria, la presenza a Milano di Leonardo da Vinci -negli anni 1482-1499 e poi nel periodo 1506-1513 - esercita un'influenza enorme sui pittori locali, che ne soorbono l'impatto innovativo in vari gradi, a seconda della loro apertura mentale o del carattere. Sottovalutati a lungo dalla critica nell'impari confronto con Leonardo, in realtà questi artisti sanno miscelare la lezione naturalistica lombarda con l'approccio scientifico del maestro. Ne risulta una pittura attenta agli aspetti più quotidiani dell'esistenza e insieme ricca di tratti leonardeschi, come l'espressione malinconica o enigmatica dei soggetti, la tecnica dello sfumato l'inserimento dei personaggi nel mondo naturale. Inoltre, il fermento culturale che contraddistingue il contesto milanese spinge i vari artisti che lo popolano a viaggiare per vedere le opere dei maestri più interessanti del periodo, con il risultato che l'impronta leonardesca viene personalizzata in vari modi che risentono di suggestioni diverse e lontane.
Andrea Solario, per esempio, attinge tanto alla lezione di Leonardo quanto al colorismo veneto, con cui entra in contatto a Venezia nell'ultimo decennio del Quattrocento, al segiuto del fratello maggiore Cristoforo, scultore e architetto di derivazione bramantesca. Questa mescolanza è evidente in un dipinto come la Madonna col Bambino tra i santi Giuseppe e gerolamo, dove il blu del manto della Vergine riprende il colore del cielo e quello più sfumato delle montagne lontane. Nella Madonna del cuscino verde la figura della Vergine si staglia su una massa arborea che ricorda gli sfondi vegetali leonardeschi, ma insieme ha il colore acceso dei veneziani (con il cuscino verde come lo sfondo, la veste rossa della Madonna e il bianco del velo che sfuma nel roseo degli incarnati) e insieme il gusto tipicamente lombardo per il particolare domestico riconoscibile nel gesto del Bambino che si tiene un piedino mentre beve. Leonardesco è anche il paesaggio che accoglie la Sacra Famiglia nel Riposo durante la fuga in Egitto, con i personaggi seduti sulle rocce e una veduta di alberi e colline sullo sfondo.
Nell'opera di Cesare da Sesto (nato, appunto, a Sesto Calende ne 1477) la formazione di stampo leonardesco subisce l'influsso della pittura di Raffaello. Se infatti un dipinto come la Madonna col Bambino e l'agnello è una copia palese di quella di Leonardo (manca però la figura di sant'Anna e c'è un nebbioso paesaggio cittadino al posto delle aspre conformazioni rocciose sullo sfondo), nella Madonna col Bambino della Pinacoteca di Brera si vedono tanto la precisione botanica e lo sfumato leonardeschi quanto la dolcezza e le tonalità di Raffaello.
Attinge a Leonardo, ma anche a Foppa e Bergognone, un artista molto richiesto dai committenti per la piacevolezza dei colori, la dolcezza delle pose e la soavità delle espressioni dei personaggi: Bernardino Luini, autore tanto di pale d'altare e affreschi sacri quanto di numerose decorazioni di ville e palazzi lombardi (per esempio nel Castello Sforzesco di Milano). Una delle sue opere più celebri è la Madonna del roseto conservata nella Pinacoteca di Brera, che riprende un tema molto diffuso di rappresentazione marina nel tardo Medioevo e nel Rinascimento: la Vergine siede davanti a una siepe o a un traliccio di rose, nel quale quelle bianche rappresentano la purezza di Maria e quelle rosa -oppure rosse- il sangue dei martiri cristiani, senza dimenticare che la rosa è per eccellenza il fiore della Madonna. In questo dipinto tutte queste allusioni sono stemperate in un'atmosfera di dolce intimità, con la Madre che abbassa umile gli occhi.
A contendere il successo a Bernardino Luini è il personaggio più interessante dell'ambito milanese, il Bramantino, vale a dire Bartolomeo Suardi, artista particolarissimo che dipinge con un occhio sempre rivolto all'architettura, nominato dal duca Francesco II Sforza pittore ufficiale di corte nel 1525. Della sua vita si sa poco, tranne che è padre di famiglia e si occupa personalmente e con acume dei suoi affari patrimoniali e commerciali. A tanta concretezza si contrappone invece un'arte quanto mai astratta, rarefatta, che fa del Bramantino una sorta di antileonardo. Lontano dalle morbidezze quotidiane lombarde e dall'introspezione psicologica di alcuni suoi contemporanei, alieno dallo studio della natura o delle fsionomie, con un uso dl colore terso e cristallino, il Bramantino crea personaggi che sembrano figure metafisiche di stupefacente modrnità, con i corpi torniti come fossero statue, di cui condividono anche l'immobilità e la geometrica solidità.
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 IN OCCASINE DELL'EXPO
Nella sua arte si riconoscono tanto la collaborazione con il Bramante, per il senso architettonico dello spazio, quanto gli influssi che hanno avuto su di lui i viaggi nll'Italia centrale all'inizio del 1500 e a Roma nel 1508: caratteristica è quella ripresa classicista, tipicamente fiorentina, della simmetrie che ritroviamo in parecchie sue opere, com e il celebre Ciclo dei mesi (dodici arazzi tessuti su cartoni del Bramantino e conservati al Castello Sforzesco), che forse gli fruttò la chiamata in Vaticano per realizzare alcuni affreschi nell Stanze, poi concellati per far posto a quelli di Raffaello. All'influenza toscana si deve anche il suo interesse per la prospettiva, come dimostrano gli studi teorici e opere come la Madonna coi santi Michele e Ambrogio, famosa per le due figure del rospo (simbolo di Satana) e di Ario (l'iniziatore dell'arianesimo) messe scenograficamente in scorcio sotto il relativo santo, a significare la guerra vittoriosa contro le eresie, fomentate dal diavolo. In questo dipinto ci sono anche altri elementi ricorrenti dell'artista, per esempio le torri sullo sfondo, edifici dalla simbologia discussa, o l'assenza di fisiognomica in un periodo tanto votato al ritratto, unìassenza portata all'estremo nel viso della Madonna, inquietantemente androgino. In realtà, tutta l'arte del Bramantino contiene elementi che destabilizzano lo spettatore, rivelandosi talvolta impossibile da decifrare a intere generazioni di critici. Nell'Adorazione dei Magi, per esempio, due dei Magi sono riconoscibili attraberso i vasi che offrono, ma il significato di quelle specie di sarcofagi in primo piano rimane oscuro, così come la strana scritta orientaleggiante sopra l'oggetto cubico sotto il piede sinistro della Vergine. Torna qui l'architettura, ma la fuga di stanza sulla sinistra si perde nel nulla di un edificio diroccato, per quanto imponente.
Ancora più imponente e complessa è la Crocifissione di Brera, vera summa della poetica e della raffinatezza intellettualistica di questo autore.
  



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